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Cassazione su compenso liquidato al curatore

La Cassazione sull'interpretazione dell'art. 146 TUSG in ipotesi di attivo insufficiente per il pagamento del compenso liquidato al curatore.


La Corte di Cassazione il 27 settembre 2023 ha enunziato i seguenti principio di diritto:

1) ai fini dell’art. 146 del d.P.R. n. 115 del 2002, come risultante dalla sentenza additiva n. 174 del 2006 della Corte costituzionale, la Corte di Cassazione - per cui se tra i beni compresi nel fallimento non vi è denaro per gli atti richiesti dalla legge le spese ed onorari del curatore sono anticipati dall'erario, dettata per il caso tipico del fallimento privo di attivo, si estende per identità di ratio anche al caso di fallimento con attivo insufficiente;

2) la somma liquidabile al curatore va computata al netto degli oneri fiscali (compresi Iva e accessori), perché il curatore è un ausiliario di giustizia che ripete i suoi poteri dal tribunale fallimentare, e li esercita su un piano pubblicistico e nell'ambito di un processo, con criteri, modalità e responsabilità particolari, estranei a quelli che caratterizzano la prestazione dell'attività professionale vera e propria

Alla luce di tale interpretazione, il compenso del curatore fallimentare andrebbe posto a carico dell'erario sia in ipotesi di assenza di liquidità disponibili da parte della procedura, sia per il surplus nel caso in cui l'attivo disponibile non copra detto compenso.


La Corte inoltre afferma che:

A) il decreto di liquidazione del compenso del curatore va succintamente motivato, sicché appare sufficiente il richiamo ai parametri, alla natura della procedura, al modus di espletamento dell'incarico;

B) al curatore il compenso va liquidato senza oneri accessori, versando in ipotesi di attività di ausiliario di giustizia e non professionale



 
 
 

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